Risoluzione crisi aziendale

 

Il Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (C.C.I.I.) definisce lo stato di crisi come una condizione del debitore che “rende probabile l’insolvenza e si manifesta con l’inadeguatezza dei flussi di cassa prospettici a for fronte alle obbligazioni nei successivi dodici mesi”.

Al fine di contenere la crisi ed evitare che la stessa si traduca in insolvenza, è fondamentale rilevare tempestivamente ogni squilibrio economico finanziario intervenendo nel più breve tempo possibile con gli strumenti più adeguati messi a disposizione dal nostro ordinamento.

La riforma del diritto fallimentare si è proposta diversi obiettivi: uno dei più importanti è proprio quello di favorire il risanamento delle imprese in crisi e salvaguardare i complessi produttivi.

Un traguardo che può essere raggiunto mediante la valorizzazione degli accordi negoziali, così che possano essere tutelati non solo i livelli occupazionali, ma anche il valore aziendale.

La Liquidazione Giudiziale prende il posto del Fallimento e la stessa viene intesa come procedura residuale alla quale ricorrere esclusivamente nel caso in cui non sia possibile ristrutturare l’azienda in difficoltà.

Acquistano un ruolo principale tutti quegli istituti preposti alla conservazione dell’impresa che siano in grado di evitare una sua definitiva disgregazione.

Identificare le ragioni e la natura della crisi ed analizzare tutte le posizioni debitorie dell’impresa in difficoltà è un’attività indispensabile per la salvaguardia del patrimonio aziendale: solo grazie ad un’attenta analisi è possibile individuare lo strumento di risoluzione più adeguato al superamento della crisi.

– Avv. Francesco D’Antuono

Affrontiamo tutti gli aspetti della crisi per individuare le strategie necessarie a superarla

Il nostro compito è quello di assistere gli imprenditori lungo il percorso di risoluzione della crisi aziendale. A tale scopo ci avvaliamo di tutti gli strumenti possibili per conservare e valorizzare il patrimonio aziendale.

Le cause della crisi possono essere molteplici, alcune delle quali spesso si riscontrano in una: 

N

Congiuntura economica

N

Ritardi nella riscossione dei pagamenti

N

Contrazione della domanda per il settore di riferimento

N

Obsolescenza delle attrezzature

N

Risorse umane inefficienti

N

Strategie di mercato inefficienti

N

Eccessiva esposizione debitoria

N

Inadeguatezza degli assetti organizzativi, amministrativi e contabili

Quali procedure adottare per la risoluzione della crisi d’impresa

Per la risoluzione della crisi di impresa e la conseguente ristrutturazione aziendale, il nostro ordinamento indica numerose e differenti procedure che hanno tutte la medesima finalità di gestire e superare lo stato di crisi.

È fondamentale, in ogni caso, che l’imprenditore attui un piano di risanamento che consenta, non solo di identificare le cause, ma anche di individuare gli strumenti più opportuni e le strategie più adatte per superare le difficoltà di carattere finanziario ed economico.

La Composizione negoziata

La composizione negoziata è uno strumento che si prefigge di fornire all’imprenditore in difficoltà soluzioni per prevenire l’insorgenza di situazioni di crisi o per affrontare e risolvere situazioni di squilibrio economico patrimoniale che appaiano reversibili.

La Composizione negoziata non è una procedura concorsuale e può essere definita come un percorso stragiudiziale, volontario, riservato e negoziale,  sottoposto all’impulso ed alla vigilanza di un esperto nominato da un’apposita commissione della Camera di Commercio competente.

La finalità dell’istituto è la salvaguardia della continuità aziendale.

Se le trattative con i creditori si concludono positivamente, l’imprenditore potrà perfezionare con i propri creditori:

  1. uno o più contratti che siano idonei ad assicurare la continuità aziendale per un periodo non inferiore a due anni;
  2. una convenzione di moratoria;
  3. un accordo che produca effetti analoghi ai piani attestati di risanamento.

Il ricorso alla procedura negoziata produce, inoltre, non pochi vantaggi, anche di natura fiscale, all’imprenditore che vi ricorre.

In caso di esito negativo del procedimento di composizione negoziata, l’imprenditore conserva comunque la facoltà di ricorrere, successivamente, ad uno degli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza previsto dal C.C.I.I.  quali, ad esempio, il Piano Attestato di Risanamento, gli Accordi di Ristrutturazione dei Debiti, il Concordato Preventivo o il Concordato Semplificato, il Piano di Ristrutturazione soggetto a Omologazione

Il Piano attestato di risanamento

Il piano attestato di risanamento trova la sua compiuta disciplina agli artt. 56 e ss. del C.C.I.I.

SI tratta di uno strumento di natura negoziale e privatistico che non prevede l’intervento del Tribunale sia nella fase preliminare delle trattative che nella successiva fase di definizione dell’accordo e non può essere considerato uno strumento concorsuale in quanto non prevede il vaglio dell’Autorità Giudiziaria o il necessario coinvolgimento dell’intero ceto creditorio.

Il Piano attestato di risanamento consiste in un Piano d’Impresa che individui ed analizzi le cause della crisi, si soffermi sulle caratteristiche dell’impresa e del suo mercato di riferimento e provveda ad individuare e programmare una serie di correttivi utili al risanamento aziendale.

Il Piano può prevedere l’attuazione di tutti gli strumenti utili a risanare l’impresa quali, ad esempio:

  1. Operazioni straordinarie che tendano al riequilibrio patrimoniale;
  2. Operazioni che consentano un sensibile contenimento dei costi;
  3. Operazioni volte alla eliminazione di ostacoli competitivi e tecnologici;
  4. Accordi con in creditori che prevedano, ad esempio, remissioni totali o parziali del debito, rateazioni, rilascio di garanzie o qualsiasi altra previsione negoziale che sia in grado di conseguire l’equilibrio finanziario dell’impresa in crisi.

Al piano deve essere necessariamente allegata una relazione di attestazione di un professionista indipendente riguardante sia la veridicità dei dati aziendali, sia l’idoneità del piano a consentire il risanamento dell’impresa.

La finalità del piano è, dunque, proprio quella di risanare l’esposizione debitoria e consentire all’impresa di conseguire un riequilibrio finanziario utile alla conservazione della continuità aziendale.

I vantaggi per l’imprenditore che intende ricorrere allo strumento del Piano attestato sono da riscontrare:

  1. nella esenzione da revocatoria di tutti gli atti, pagamenti e garanzie concesse su beni del debitore posti in essere in esecuzione del piano;
  2. nella esenzione dalla responsabilità penale per i reati di bancarotta preferenziale e di bancarotta semplice.

L’accordo di ristrutturazione dei debiti

L’accordo di ristrutturazione dei debiti è uno strumento di risanamento che consente all’imprenditore di porre rimedio ad una situazione di squilibrio finanziario e di eccessivo indebitamento.
Diversamente dagli accordi conclusi in esecuzione di un piano attestato di risanamento, l’accordo di ristrutturazione del debito è soggetto all’omologazione del Tribunale pur mantenendo la sua caratteristica di strumento negoziale.
L’omologazione del Tribunale conferisce agli accordi di ristrutturazione carattere concorsuale ed è necessaria per consentire all’Imprenditore di conseguire le tipiche misure premiali come, ad esempio, il blocco delle azioni esecutive e cautelari e la possibilità di ottenere l’esenzione da revocatoria.

L’accordo di ristrutturazione, nella sua formulazione orinaria, deve essere concluso tra l’imprenditore e tanti creditori che rappresentino almeno il 60% dei crediti.
L’oggetto dell’accordo attiene generalmente ad una rideterminazione dell’ammontare dell’esposizione debitoria e delle relative scadenze.
In ogni caso, è necessario che l’imprenditore provveda all’integrale pagamento dei creditori c.d. “estranei”, vale a dire che non siano parte degli accordi di ristrutturazione.
Anche per gli accordi di ristrutturazione è necessaria l’attestazione di un professionista indipendente che verifichi la veridicità dei dati aziendali la sostenibilità del piano.

Novità di rilievo del nuovo C.C.I.I. è la possibilità di applicare, anche a questo istituto, il c.d. cram down fiscale attraverso il quale, anche in mancanza di adesione da parte dell’Erario è possibile considerare quest’ultimo tra i creditori aderenti alla proposta se si attesta che detta adesione risulti decisiva per il raggiungimento delle maggioranze di legge ed il trattamento offerto in sede di accordi risulta conveniente rispetto all’ipotesi liquidatoria.

Oltre al classico strumento dell’accordo di ristrutturazione del debito disciplinato all’art. 57 C.C.I.I., il nostro ordinamento prevedere  altre tipologie di accordi di ristrutturazione che vengono definiti rispettivamente “agevolati”, nel caso in cui al ricorrere di determinate condizioni sia possibile ridurre le percentuali di adesioni al solo 30% dell’ammontare dei crediti, e “Ad efficacia estesa” nel caso in cui sussistano i presupposti per estendere anche ai creditori non aderenti (che rappresentino una percentuale del 25% dell’esposizione debitoria complessiva) le previsioni del piano. 

Anche sul piano degli effetti premiali, i vantaggi per l’imprenditore si riscontrano, sostanzialmente, nella esenzione da revocatoria di atti, pagamenti e garanzie concesse sui beni del debitore in esecuzione degli accordi omologati oltre che nella esenzione dalla responsabilità penale per i reati di bancarotta preferenziale e di bancarotta semplice.
Inoltre, l’imprenditore che intende ricorrere allo strumento degli accordi di ristrutturazione ha la facoltà di accedere a finanziamenti ai quali la legge, al ricorrere di determinate condizioni, riconosce la garanzia della prededucibilità.

Il Piano di ristrutturazione soggetto ad omologazione

Il piano di ristrutturazione soggetto ad omologazione (P.R.O.) è uno strumento di risoluzione dei momenti patologici dell’impresa di recente introdotto dal Codice della Crisi d’impresa e dell’insolvenza. Al piano di ristrutturazione soggetto ad omologazione non vi possono ricorrere le c.d. “imprese minori”, i liberi professionisti, l’imprenditore agricolo o i consumatori.
La finalità del piano è quella di prevedere il soddisfacimento dei creditori, previa suddivisione degli stessi in classi secondo posizioni giuridiche ed interessi economici omogenei, distribuendo l’attivo ricavato dal piano in deroga alle norme che prevedono la graduazione delle legittime cause di prelazione.
Tale deroga è consentita a condizione che vi sia l’approvazione da parte dell’unanimità delle classi e a condizioni che i lavoratori vengano pagati integralmente, in denaro, entro 30 giorni dall’omologa del piano.

Il P.R.O. ha la finalità di risanare l’impresa in un’ottica di continuità. Tra i documenti da depositare presso il Tribunale competente a decidere sulla domanda di omologazione, l’imprenditore deve necessariamente depositare l’attestazione, resa da un professionista indipendente circa la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano.
Il Tribunale procedere con l’omologazione del piano se, nel corso del procedimento, si addiviene all’approvazione da parte di tutte le classi.
Il Vantaggio di un tale strumento di risoluzione della crisi si riscontra nella estrema flessibilità che il piano può assumere in ordine alle modalità ed alle tempistiche di soddisfacimento dei creditori, consentendo all’imprenditore di svincolarsi dal c.d. principio della “par condicio creditorum”.

Il concordato preventivo

Il concordato preventivo rappresenta uno degli strumenti più efficaci a disposizione dell’imprenditore per condurre la propria impresa al di fuori della crisi. Il nostro ordinamento distingue tra concordato liquidatorio e concordato in continuità, riservando al primo un ruolo residuale in ragione di una preferenza verso strumenti che siano in grado di perseguire il riposizionamento sul mercato delle imprese in crisi.

Il concordato preventivo in continuità può prevedere sia la prosecuzione dell’attività d’impresa da parte dello stesso imprenditore  che ha presentato la domanda, sia da un soggetto diverso che gestisca l’impresa in forza di un atto di cessione, usufrutto, conferimento o affitto.

La finalità del concordato in continuità è quella di preservare l’interesse dei creditori e, ove possibile, dei posti di lavoro, garantendo la sopravvivenza dell’impresa. Al contrario, il concordato liquidatorio persegue la soddisfazione del ceto creditorio attraverso la distribuzione del ricavato ottenuto dalla liquidazione del patrimonio aziendale.

Il carattere residuale riservato al concordato liquidatorio si riscontra nei limiti che l’imprenditore incontra nel proporre tale soluzione, i quali si sostanziano nella necessaria soddisfazione del ceto creditorio chirografario nella misura non inferiore al 20% e nel necessario apporto di finanza esterna in misura almeno pari al 10 % dell’attivo disponibile al momento della presentazione della domanda.

Novità del nuovo Codice della Crisi è il c.d. Concordato semplificato, istituto di carattere liquidatorio, al quale il debitore può ricorrere solo all’esito del procedimento di composizione negoziata, quando le trattative non abbiano portato ad altre soluzioni e quando l’esperto abbia attestato che le trattive siano state condotte con corretta e buona fede.

Affianchiamo gli imprenditori nel percorso di risoluzione della crisi predisponendo tutte le strategie utili alla conservazione del patrimonio aziendale e alla sua possibile valorizzazione. 

La transazione Fiscale

Nell’ambito delle operazioni di ristrutturazione del debito assume un particolare rilievo la c.d. Transazione Fiscale, disciplinata all’art. 88 del Codice della Crisi d’impresa e dell’insolvenza e rubricato “Trattamento dei crediti Tributari e Contributivi”.

Detto istituto riflette il principio generale accolto nel nostro ordinamento di poter sottoporre a falcidia qualsiasi credito di natura privilegiata, ivi compresi i crediti erariali.

La finalità di salvataggio aziendale e di conservazione della continuità aziendale  giustifica la facoltà, per l’imprenditore in crisi, di proporre, con un piano concordatario, il pagamento parziale, anche dilazionato, dei tributi e dei relativi accessori amministrati dalle agenzie fiscali o dagli enti gestori di forme di previdenza.

L’imprenditore, dunque, avrà la possibilità di prevedere un pagamento parziale e/o dilazionato dei tributi sia per quanto riguarda la parte del capitale che per la parte degli interessi indipendentemente dal fatto che detti tributi abbiamo natura privilegiata o chirografaria.

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