Il nuovo codice della crisi di impresa e dell’insolvenza

da | Crisi di impresa

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Il nuovo Codice della Crisi di Impresa e dell’Insolvenza costituisce nel panorama del diritto fallimentare una profonda innovazione del sistema previgente. Esso contiene disposizioni inedite a proposito della crisi e dell’insolvenza oltre che un mutato approccio nei confronti delle imprese in crisi.

Una novità che merita di essere messa in evidenza, infatti, va individuata in un approccio più favorevole nei confronti di procedure che consentano di perseguire la continuazione dell’attività d’impresa rispetto alla mera liquidazione.

Infine occorre citare l’introduzione degli obblighi di salvaguardia che sono finalizzati a rilevare tempestivamente la crisi aziendale e al tempo stesso a sostenere il ricorso a strumenti che supportino in una fase iniziale i processi di ristrutturazione.

Entrata in vigore del nuovo codice della crisi d’impresa

Il Nuovo Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza, indicato anche con la sigla CCII, è stato introdotto con il D. Lgs. n. 14 del 12 gennaio del 2019. Dopodiché il governo italiano il 15 giugno del 2022 ha previsto delle modifiche in attuazione della cosiddetta Direttiva sull’Insolvenza, vale a dire la Direttiva UE 2019/1023, che è relativa ai quadri di ristrutturazione preventiva, alle interdizioni, all’esdebitazione e ai provvedimenti che sono finalizzati a rendere più efficaci le procedure di esdebitazione, di insolvenza e di ristrutturazione. Tale direttiva ha modificato un’altra direttiva della UE, la 2017/1132.

In origine il Codice della Crisi e dell’Insolvenza sarebbe dovuto entrare in vigore il 15 agosto di due anni fa; tuttavia lo scoppio della pandemia da coronavirus ha causato diversi rinvii, che si sono resi necessari anche per far sì che i principi contenuti nella Direttiva sull’Insolvenza potessero essere recepiti.

Dal 15 luglio di quest’anno, comunque, la nuova legge ha preso il posto della Legge Fallimentare prevista dal Regio Decreto 267 del 16 marzo del 1942, vale a dire la legge fallimentare che era in vigore nel nostro Paese fino a quel momento. Va detto, comunque, che la legge fallimentare previgente continua a disciplinare tutte le procedure concorsuali che erano state avviate prima del 15 luglio.

Codice della crisi d’impresa: la prevenzione delle crisi aziendali

Il nuovo Codice della Crisi di Impresa e dell’ Insolvenza, all’articolo 3, ed il novellato art. 2086 c.c. fanno da corollario agli obblighi cui sono tenuti gli imprenditori per la tempestiva individuazione di segnali di crisi imponendo a questi ultimi la predisposizione di adeguate misure organizzative, amministrative e contabili in base alle dimensioni e alla natura dell’impresa.

Uno scenario nuovo

Quello che ne scaturisce è, come si può ben intuire, uno scenario nuovo nel contesto del quale sia la pianificazione industriale che la programmazione del bilancio assumono un ruolo di primo piano.                        In particolare, le tutele menzionate sono sviluppate per fare in modo che le imprese siano in grado di cogliere l’instabilità finanziaria e di verificare la sostenibilità effettiva degli indebitamenti, così come le prospettive di continuità aziendale per l’anno seguente.

L’articolo 3 del Codice della Crisi e dell’Insolvenza identifica segnali di allarme specifici per la tempestiva attivazione degli organi sociali, così che le crisi finanziarie possano essere superate.

I segnali di allarme

Uno dei segnali di allarme in questione è rappresentato dalle passività nei confronti dei fornitori che siano scadute da 90 o più giorni e che siano maggiori delle passività non scadute.

Un altro segnale consiste nei ritardi sui pagamenti degli oneri retributivi che siano scaduti da 30 o più giorni e che siano maggiori del 50% delle passività mensili complessive.

Ancora occorre citare le esposizioni verso intermediari e verso il sistema creditizio che siano scadute da 60 o più giorni per non meno del 5% delle esposizioni, e in ultimo gli interessi di mora per effetto dei quali vengono attivati gli obblighi di segnalazione di quelli che sono definiti creditori pubblici qualificati.

Ricapitolando: che cosa possono fare imprenditori e imprese in presenza di una crisi aziendale?

Sulla base delle disposizioni che abbiamo menzionato, in presenza di una crisi potenziale gli imprenditori e le imprese – a prescindere dalla loro natura e dalle loro dimensioni – hanno diversi strumenti a disposizione per risolvere la crisi:

  1. La possibilità di chiedere l’accesso alla Camera di Commercio di riferimento per territorio in modo da giungere ad una Composizione negoziata. Gli amministratori delle società e gli imprenditori hanno l’obbligo di privilegiare gli interessi dei creditori a scapito degli interessi dei soci.La composizione negoziata subentra come accordo stragiudiziale, confidenziale e di natura volontaria disponibile e accessibile per mezzo di una piattaforma online: vi possono ricorrere tutte le aziende in situazioni di instabilità economica o finanziaria in cui non si possono escludere situazioni di insolvenza o critiche, ma che consentano di ritenere possibile un eventuale recupero.
  2. Predisporre Accordi di ristrutturazione dei debiti nella loro nuova formulazione o Piani di risanamento.
  3. Adottare un Nuovo piano di ristrutturazione soggetto a omologazione (c.d. P.R.O.) che costituisce una vera e propria novità nell’ambito degli strumenti di risoluzione della crisi.
  4. Ricorrere al Concordato preventivo o al nuovo Concordato preventivo semplificato.
  5. Chiedere la Liquidazione giudiziale, che sostituisce il “vecchio” fallimento previsto dalla previgente normativa.

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